giovedì 30 aprile 2020



Alberto Burri, Bianco B, 1965.
Plastica, acrilico, vinavil, combustione su cellotex,
cm. 151,1 x 151,1.
Fondazione Solomon R. Guggenheim, Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof.


Umorismo


giovedì 23 aprile 2020

STEP#10-Bis

 Tratto dal film Basta che funzioni di Woody Allen.




Si chiama "entropia". È come quando esce il dentifricio dal tubo e non può più rientrare dentro.




Umorismo

Esame di Fisica:
Si presenta il primo studente.
- Professore: "Sei in treno in uno scompartimento. Fa caldo. Che fai?"
- Studente: "Mah, apro il finestrino."
- Professore: "Bravo! Calcola la variazione di Entropia".
- Studente: "???? Mi servirebbe qualche dato in più ..."
- Professore: "No. (pausa) Lo sai? (pausa). No? (pausa). Va bene, vada."
E il primo viene sbattuto fuori. Arriva il secondo, poi il terzo, il quarto e il professore fa la stessa domanda con lo stesso risultato. Arriva l'ultimo studente.
- Professore: "Sei in treno, in uno scompartimento. Fa caldo. Che fai?"
- Studente (sicuro): "Mi tolgo la giacca."
- Professore: "Si, va bene, ma fa ancora caldo, che fai?"
- Studente: "Mi allento la cravatta."
- Professore: "Ma fa ancora caldo. Che fai?"
- Studente: "Mi sbottono la camicia."
- Professore (incazzandosi): "Si, ma fa ancora tanto caldo. Che fai?"
- Studente: "Senta, professore, può fare quanto caldo vuole, ma io quel cazzo di finestrino non lo apro".






STEP#10-CINEMA

Tratto dal film Mr. Nobody




mercoledì 22 aprile 2020

STEP#09-ARTE

Non la chiami opera... sono pezzi di realtà manipolati... oggetti manipolati, deformati, lacerati, bruciati e ricomposti, ricostruiti secondo una rappresentazione che segue una precisa regola compositiva.
(Alberto Burri)



Alberto Burri, Rosso plastica M3, 1961.
Plastica, combustione su tela
Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello.










Alberto Burri, Legno e bianco I, 1956. 
Impiallacciatura di legno, combustione, acrilico e Vinavil su tela, cm. 87.7 x 159. Solomon R. Guggenheim Museum, New York. Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello.





Alberto Burri è stato un artista, pittore e medico italiano che durante la seconda metà degli anni Cinquanta (il primo fra i pittori) scopre la straordinaria potenzialità formativa del fuoco. E inizia così il lungo e complesso ciclo delle Combustioni, in cui utilizza la fiamma ossidrica per modificare, modellare e "martoriare", con bruciature, deformazioni e "crateri" delle superfici di plastica bianche, rosse, nere e trasparenti.
Un tipo di intervento messo in atto in parte anche nei Legni.
Il fuoco diventa così, per la prima volta, con la sua carica di tensione vitalistica e tragica, un mezzo espressivo primario per fare della "pittura".

Un aspetto che mi ha colpito di queste opere di Burri è che non è la fiamma a modellare la plastica o il legno, o almeno non lo è che in parte. La figura finale che risulterà dall'utilizzo della fiamma ossidrica non è affidata solo ad un evento casuale, cioè la combustione incontrollata della fiamma, ma dall'artista che modella la sua opera imprimendo in essa la sua idea.
Ovviamente utilizzando il fuoco egli non avrà il totale controllo sull'opera. Nonostante lo scopo dell'artista sia quello di creare un varco nella plastica cercando di raffigurare un'immagine simbolo, difficilmente riuscirà a modellare in modo perfettamente geometrico la forma e le dimensioni del foro e dell'immagine finale. Tutto ciò mi ha ricordato l'entropia e di come essa agisse sulle nostre vite.
L'entropia ci ricorda che le cose vanno in una determinata direzione e basta; niente pare possa modificare questa inevitabile realtà. 
Come l'artista riesce utilizzando il fuoco a modellare tramite un'accuratezza artistica l'opera, scolpendo in essa la sua idea, noi dobbiamo comportaci nello stesso modo cercando di realizzare le nostre idee e i nostri sogni prendendo parte attivamente al nostro futuro, nonostante non abbiamo il controllo su tutti gli eventi che ci capitano, ma tentando lo stesso di modellarlo come vorremo che fosse, facendo della nostra vita un'opera d'arte.


STEP#08-PLATONE

«Artefice e padre dell'universo», il Demiurgo è nel mito platonico una forza ordinatrice, imitatrice, plasmatrice, che vivifica la materia, dandole una forma, un ordine e soprattutto un'Anima Mundi.

I due concetti di caos e di ordine descrivono, a prima vista, due situazioni opposte. In realtà i due aspetti coesistono: esiste dell’ordine nel caos e del disordine nell’ordine. È questo che viene fuori dall’analisi di questi due concetti, come sono utilizzati dalla scienza moderna.

Nelle mitologie antiche il Caos è quasi sempre contrapposto al Cosmo. Nella mitologia greca il Caos è la personificazione dello stato primordiale di vuoto, buio, anteriore alla creazione. Per Platone il Caos è il luogo primigenio della materia informe e rozza a cui attinge il Demiurgo per la formazione del mondo ordinato: il Cosmo.
Per Platone in principio esisteva quindi una materia informe, la kora, che un giorno il Demiurgo decide di plasmare a modello delle idee iperuranie. La creazione per Platone era proprio come l' atto di un artista, che prende una materia preesistente e le imprime una forma.

  


William Blake, The Ancient of Days (1794), che raffigura l'atto della creazione tramite un compasso.















domenica 19 aprile 2020

STEP#07-POESIA

Infuria, infuria, contro l'aumentare dell'entropia.



 Non andartene docile in quella buona notte – Dylan Thomas

Do not go gentle into that good night,
old age should burn and rave at close of day;
rage, rage against the dying of the light.




Though wise men at their end know dark is right,
because their words had forked no lightning they
do not go gentle into that good night.




Good men, the last wave by, crying how bright
their frail deeds might have danced in a green bay,
rage, rage against the dying of the light.




Wild men who caught and sang the sun in flight,
And learn, too late, they grieved it on its way,
Do not go gentle into that good night.



Grave men, near death, who see with blinding sight
blind eyes could blaze like meteors and be gay,
rage, rage against the dying of the light.



And you, my father, there on the sad height,
curse, bless me now with your fierce tears, I pray.
Do not go gentle into that good night.
Rage, rage against the dying of the light.

Maggio 1951
Non andartene docile in quella buona notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare quando cade il giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce.


Benché i saggi sappiano che la tenebra è inevitabile,
visto che dalle loro azioni non scaturì alcun fulmine,
Non se ne vanno docili in quella buona notte,


Gli onesti, con l’ultima onda, gridando quanto fulgide
le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
S’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.


Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
imparando troppo tardi d’averne afflitto il percorso,
Non se ne vanno docili in quella buona notte.


Gli austeri, in punto di morte, accorgendosi con vista cieca
che gli occhi spenti potevano gioire e brillare come meteore,
S’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.


E tu, padre mio, là sulla triste altura, ti prego,
Condannami o benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.


La poesia, scritta da Thomas per il padre morente, ruota attorno ad una chiara metafora, in cui il giorno simbolizza la vita, metre la notte simbolizza la morte.
Il poeta descrive nello specifico come i diversi esseri umani, si infurino e si ribellino, per ragioni differenti, all’incombere della morte ed incita il padre a fare lo stesso, a lottare a… non adarsene docile in quella buona notte:

Ci sono i saggi, che hanno preso consapevolezza dell’inevitabilità della propria fine, ma soprattutto hanno compreso di non aver realizzato poi molto nella propria esistenza (“dalle loro azioni non scaturì alcun fulmine”). A farli infuriare sono i loro rimpianti.
Ci sono poi gli onesti, ovvero coloro che nella vita non hanno mai fatto gesti folli, ma che nell’ora del tramonto si infuriano perché consapevoli che con più tempo a loro disposizione, avrebbero forse compiuto azioni memorabili (“fulgide gesta“).
Ci sono inoltre gli impulsivi, che si accorgono troppo tardi di aver sprecato la loro vita nella ricerca compulsiva del piacere (“imparando troppo tardi d’averne afflitto il percorso“).
Ci sono infine gli austeri, che nel corso della propria esistenza si sono privati di ogni soddisfazione e che ora si infuriano per le occasioni perse (“accorgendosi con vista cieca che gli occhi spenti potevano gioire e brillare come meteore“).

E se la notte non fosse solo la metafora della morte, ma in generale dei nostri fallimenti?

Ognuno di noi ha commesso la sua buona dose di errori:
Come i saggi abbiamo forse realizzato di non aver dato ancora vita ad alcun fulmine.
Come gli onesti abbiamo forse vissuto una vita troppo inquadrata.
Come gli impulsivi abbiamo forse sprecato innumerevoli giornate cedendo ad ogni frivolezza.
Come gli austeri abbiamo forse perso troppe occasioni.
Questi errori ci hanno inevitabilmente spinto sulla traiettoria del fallimento. Ma abbiamo ancora una scelta a nostra disposizione. Possiamo infatti decidere di arrenderci, di lasciarci trasportare dall’entropia verso l’inevitabile sconfitta, oppure…

…oppure possiamo decidere, qui ed ora, che, nonostante tutto, noi “non ce ne andremo docili in quella buona notte“, venderemo cara la nostra pelle e se anche i pronostici sono ormai tutti a nostro sfavore, lotteremo, lotteremo fino all’ultimo respiro.

E allora… non andartene docile in quella buona notte.


fonte commento:https://www.efficacemente.com/crescita-personale/non-andartene-docile-in-quella-buona-notte/




sabato 18 aprile 2020

STEP#06-LETTERATURA

"L'intera storia dell'universo è questo zoppicante e saltellante aumentare cosmico dell'entropia."


















-tratto da L'ordine del tempo di Carlo Rovelli











venerdì 17 aprile 2020

STEP#05-MESSAGGIO PUBBLICITARIO

Fate spazio all'ordine! se ci riuscite...



   Guardando questa pubblicità, lo spettatore è portato a credere che la solida azienda svedese, con i  suoi pezzi di legno, vinca sull'entropia. 
   Ma secondo la seconda legge della termodinamica l'entropia aumenta sempre, e ciò significa che il caos è la natura di ogni cosa.
   Davanti a questa schiacciante e opprimente verità scientifica cosa possono mai gli armadi dell'Ikea?

mercoledì 15 aprile 2020

STEP#04 LA MITOLOGIA

Il Caos nelle mitologie

Mitologia Greca
In principio era il Caos, cioè un miscuglio universale e disordinato della materia, una forma indefinibile e indescrivibile che racchiudeva cielo, mare e terra. Il Caos era comunque una divinità capace di generare, e la maggior parte dei figli del Caos furono divinità enigmatiche, cieche e capricciose. Ne nacquero anzitutto il Destino o Fato, divinità ora benigna ora ostile, potentissima e inesorabile, a cui tutte le divinità erano sottomesse e a cui tutti dovevano obbedire. Niente poteva cambiare i suoi decreti. Dal Caos nacquero altre divinità: l'Erebo, una specie di abisso senza fondo fatto di tenebre; la Notte, anche essa buia e misteriosa che portava agli uomini buoni consigli e donava il riposo; le tre sorelle fatali, le Mòire o Parche, ministre principali del Destino, figlie della Notte e dell'Erebo; la Discordia, testarda; la triste Vecchiaia. Più tardi nacquero divinità più clementi: la Concordia, L'Amore o Eros, il Giorno e finalmente Urano, cioè il Cielo e Gea, la Terra. Così grazie all'Amore, la Notte e il Giorno, alla Concordia e Discordia, Cielo e Terra incominciò a delinearsi il Cosmo, l'Universo, lasciando così la situazione di Caos per l'ordine.





La Creazione o Magnum Chaos è una tarsia databile 1523, realizzata da Giovan Francesco Capoferri per il coro della basilica di Santa Maria Maggiore.












Mitologia Egizia
Per gli Egizi, il Caos, come concetto astratto, era il determinismo associato al caso, prima della creazione del mondo e risulta dal concorso di più teorie intrecciate e provenienti da epoche diverse e da località differenti.
Secondo la cosmogonia eliopolitana, dal Caos esistente nacque successivamente il Cosmo, inteso come Maat unica forza positiva in grado di contrastarlo nella sua casualità indifferenziata e nella sua causalità di distruzione. Questo equilibrio era molto delicato e l'antico popolo della valle del Nilo viveva nel terrore che la forza negativa Isfet, contrapposta a Maat come manifestazione terrena del male, sopraffacesse quella positiva dando così origine alla distruzione del mondo. 
Questa perenne lotta, era rappresentata da Ra, il dio supremo e dal serpente Apopi. 
Ogni giorno il dio-sole Ra, portatore della luce e garante di Maat (la quale impersonava l'ordine cosmico) con l'aiuto della Luce, vinceva l'oscuro Caos, simboleggiato dal serpente nero e rigenerava il mondo.
 Apopi era il più grande nemico di Ra; un suo epiteto era appunto "Nemico di Ra", oltre a "Signore del Caos", in quanto incarnazione di tutto ciò che è male.






Atum-Ra, nella forma del Grande gatto di Eliopoli, chiamato "Gatto dal quale non vi è scampo", uccide Apopi sotto il sacro albero Ished.












Mitologia Cinese
Secondo la cosmogonia cinese in principio non esisteva nulla nell'universo tranne il vero caos. Tuttavia lo stesso caos si coagulò in un uovo cosmico per diciottomila anni. All'interno di esso i sublimi principi universali dello yin e dello yang si bilanciarono perfettamente e da quell'equilibrio perfetto emerse Pangu. Esso viene raffigurato come un essere gigantesco e primitivo, villoso e dotato di grandi corna e vestito di pelli.
Pangu espresse la volontà di creare tutte le cose e prese una pesante ascia e distrusse con un fendente il gigantesco uovo cosmico, creando così la Terra (lo Yin) ed il cielo (lo Yang). Per tenerli separati Pangu si mise tra loro e spinse il cielo verso l'alto, questo processo di separazione durò altri diciottomila anni, così che ogni giorno la terra diventava sempre più bassa ed il cielo andava sempre più verso l'alto, mentre Pangu cresceva in proporzione. In differenti versioni della leggenda Pangu viene aiutato nella separazione tra cielo e terra da quattro bestie mitiche: la tartaruga, il Qilin, la fenice e il dragone.
Trascorsi i diciottomila anni, Pangu si adoperò per terminare il resto della creazione, il suo respiro divenne il vento, la sua voce divenne il tuono, il suo occhio sinistro divenne il sole e quello destro la luna, mentre il resto del suo corpo divennero le montagne e tutta la superficie terrestre.




Raffigurazione di Pangu nel Sancai Tuhui di Wang Qi, 1607, conservato presso l'Asian Library, università della British Columbia













fonti: http://mitologiagreca.blogspot.com/2007/06/il-caos.html
         https://it.wikipedia.org/wiki/Caos_(mitologia_egizia)
         https://it.wikipedia.org/wiki/Pangu
  

STEP#03-IMMAGINE SIMBOLO


                                                                    Alta Entropia